Abuso da sostanze stupefacenti e farmaci

Abuso e dipendenza

L’abuso è una modalità patologica d’uso di sostanze che determina: ricorrente compromissione delle proprie attività lavorative, ricorrente esposizione a situazioni fisicamente o legalmente pericolose e continuativo utilizzo nonostante persistenti problematiche sociali e relazionali. Comprende sia l’impiego di sostanze illegali, sia di sostanze legali in modo diverso da quello consentito o prescritto.

La dipendenza presenta la stessa modalità patologica d’utilizzo dell’abuso a cui si aggiungono tre concetti fondamentali: la tolleranza, che indica il bisogno di assumere dosi sempre più elevate della sostanza al fine di produrre l’effetto ottenuto originariamente con dosi minori; l’astinenza, cioè lo stato di adattamento fisiologico alla sostanza che si manifesta con la sindrome astinenziale e con l’assunzione della sostanza al fine di attenuare o evitare i sintomi astinenziali; la gestione del tempo, in gran quantità impiegato nel procurarsi, assumere e smaltire la sostanza.

L’abuso e la dipendenza si possono presentare per: cocaina, eroina, cannabis, amfetamine, allucinogeni, sostanze inalanti, sedativi ipnotici e ansiolitici, antidolorifici, fenciclidina, anabolizzanti, caffeina, nicotina.

Sostanze d'abuso

La cannabis è di solito fumata in sigarette o in appositi dispositivi (chilum, narghilè). Le forme in cui questa sostanza viene abitualmente consumata sono: marijuana, fatta di inflorescenze e foglie della pianta essiccate, hashish, resina di cannabis e fiori pressati, olio di hashish, estratto di THC usando solventi organici. Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di cannabinoidi sintetici (herbalmixture o herbal blend). Numerosi studi hanno stabilito che l’uso di cannabis da adolescente rende più vulnerabile all’insorgere di disturbi mentali (depressione, psicosi e disturbi affettivi). Compromette inoltre le funzioni esecutive, la velocità di elaborazione e la velocità psicomotoria. I danni d’organo più frequenti riguardano il sistema nervoso, il sistema riproduttivo, il sistema respiratorio, il sistema cardiovascolare e il sistema immunitario.

La cocaina è una sostanza organica naturale di origine vegetale appartenente alla famiglia degli alcaloidi. Viene estratta dalle foglie della pianta della coca da cui tramite la macerazione si ottiene la pasta di coca. Questa pasta viene successivamente trasformata in sale (cloridrato). I cristalli salini di cocaina vengono triturati per ottenere una polvere sottile di colore bianco. La cocaina può essere assunta con varie modalità:

  • Inalata: la cocaina in polvere viene inalata attraverso le narici determinando l’assorbimento nel flusso sanguigno attraverso le mucose nasali.
  • Fumata (crack, free base): la cocaina “crack” si ottiene attraverso un processo chimico, tramite ammoniaca o bicarbonato, che permette la trasformazione della polvere in una sostanza che si possa fumare. Il nome di tale forma di cocaina si riferisce al suono scricchiolante emesso quando si fuma questo miscuglio. In questa forma di assunzione si immette la sostanza direttamente nei polmoni.
  • Iniettata: la cocaina in polvere è solubile in acqua. In questo modo è possibile somministrarsela per via endovenosa, tramite una siringa, determinando effetti immediati.
  • Ingerita: la masticazione di foglie di coca determina l’assorbimento di cocaina da parte della mucosa orale e del tratto gastroenterico.

L’utilizzo di cocaina rende più vulnerabili all’insorgenza di patologie psichiatriche: alterazioni del tono dell’umore, disturbi d’ansia, attacchi di panico, disturbi psicotici, allucinazioni e aumento del rischio suicidario. I danni d’organo più frequenti riguardano:il sistema cardiocircolatorio; il sistema nervoso; il sistema respiratorio; il sistema riproduttore; il sistema orofaringeo; infarto renale, infarto intestinale, epatopatie.

L’eroina è una sostanza stupefacente ottenuta elaborando chimicamente la morfina, un alcaloide che si ricava dall’oppio grezzo, il succo lattiginoso estratto dalle capsule del “Papaver somniferum”. Il risultato di questa lavorazione è una polvere finissima o granulare di colore bianco, bruno o rossastro.
L’eroina può essere assunta con varie modalità:

  • Iniettata: la polvere di eroina viene fatta sciogliere in un cucchiaino d’acqua calda con l’aggiunta di succo di limone (per facilitare la solubilità). Successivamente il liquido viene filtrato, per eliminare residui solidi, e quindi iniettato per via endovenosa, o intramuscolare, con una siringa da insulina.
  • Inalata: la polvere di eroina viene inalata attraverso le narici determinando l’assorbimento nel flusso sanguigno attraverso le mucose nasali. Gli effetti più forti si percepiscono dopo 10-15 minuti.
  • Fumata: la polvere di eroina viene riscaldata su un foglio di alluminio e i vapori vengono aspirati tramite una cannuccia. In questa forma di assunzione si immette la sostanza direttamente nei polmoni.

Entrambe queste modalità d’assunzione vengono scelte al fine di evitare i rischi di infezione legati all’utilizzo di siringhe, ma anche per l’errata convinzione che conducano meno facilmente alla dipendenza dalla sostanza.
I danni d’organo più frequenti riguardano: il sistema respiratorio; il sistema cardiocircolatorio; l’esposizione al contagio di malattie infettive come HIV/AIDS ed epatiti B e C (eroina iniettata utilizzando la stessa siringa fra più persone); l’irregolarità del ciclo mestruale, il deperimento fisico per decremento dell’appetito, l’alterazione della salivazione con deterioramento dei denti e l’insorgenza di carie ed indebolimento delle gengive.

Terapia e ricovero

La fase iniziale del trattamento delle dipendenze e degli abusi di sostanze è incentrata sulla terapia farmacologica con farmaci antiastinenziali e anticraving che variano a seconda della sostanza utilizzata: neurolettici tipici e atipici (aloperidolo, zuclopentixolo, clotiapina, olanzapina quetiapina, aripiprazolo ); ansiolitici ( diazepam, lorazepam, clordiazepossido cloridrato, oxazepam); antidepressivi (SSRNI, SNRI); farmaci sintomatici (antidolorifici, antiemetici, antiaritmici, antipertensivi e complessi vitaminici).

L’approccio farmacologico andrebbe integrato con un percorso psicoterapeutico. Nei casi caratterizzati da intenso utilizzo e malessere, risulta indicato un ricovero ai fini di impostare la farmacoterapia con un monitoraggio quotidiano del quadro clinico in un contesto protettivo e supportivo.

Il quadro clinico del paziente con problematiche tossicomaniche viene valutato in un primo colloquio ambulatoriale durante il quale le condizioni psicofisiche del paziente sono esaminate dallo psichiatra e dal medico internista.

In base alle caratteristiche cliniche è anche possibile affiancare al paziente un assistente personale in modo continuativo.

Il ricovero avviene in una stanza singola, dotata di bagno privato, terrazzino, televisione e telefono interno.

La farmacoterapia. qualora prevista, è prescritta e costantemente monitorata dagli psichiatri al fine di ottenere la migliore efficacia terapeutica.

Durante la prima fase del ricovero, quella di disintossicazione vera e propria, si pone particolare attenzione alle funzionalità cardiaca, respiratoria ed epatica, avvalendosi dell’ausilio di esami ematochimici e strumentali. Se necessario, è possibile eseguire TAC e/o RMN encefalo per accertare la presenza di eventuali danni cerebrali.

Nella seconda fase del ricovero, una volta disintossicato il paziente, ha inizio la fase psicodiagnostica volta ad approfondire e inquadrare i motivi del ricovero, nonché le difficoltà del paziente e per orientare il sostegno e il lavoro terapeutico personalizzato. Viene, pertanto, raccolta un’accurata storia del paziente e si somministrano gli strumenti psicodiagnostici opportuni (SCID-1, SCIO-IL MMPI, YSQ, test di Rorschach, SWAP 200 sono i più utilizzati). Quotidianamente si effettuano colloqui ad orientamento cognitivo e psicodinamico volti ad accrescere la consapevolezza del paziente circa le sue problematiche e a costruire una autonoma motivazione alle cure.

Qualora il paziente dia il suo consenso, si incontrano i familiari e le persone per lui più significative per aiutarle a comprendere la sua sofferenza e il suo disagio e orientarle a fornire un maggiore sostegno al percorso di cura cui egli si sottopone.

Per l’intera durata del ricovero, il paziente partecipa ad attività di gruppo con l’obiettivo di sviluppare una maggiore competenza nel riconoscimento del proprio disagio; viene, inoltre, assistito nella occupazione del suo tempo con attività sportive, creative (atelier) e ricreative.

Durante il ricovero si effettuano, inoltre, attività riabilitative e sportive esterne alla casa di cura con l’accompagnamento e il supporto di personale esperto.

Una volta terminato l’intero iter del ricovero, l’équipe informa il paziente circa i risultati delle indagini cliniche svolte e fornisce un’indicazione sulla possibile prosecuzione del trattamento iniziato in casa di cura.

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